Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Prima casa, superficie sotto tiro”

LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Prima casa, superficie sotto tiro

Nel mirino del Fisco finisce la qualifica di lusso delle abitazioni acquistate come “prima casa” direttamente dal costruttore da parte di persone fisiche. Quello che si concentra sulle compravendite immobiliari è un filone accertativo consolidato, che negli ultimi tempi – stando alle segnalazioni arrivate al Sole 24 Ore – pare essersi arricchito di un nuovo profilo: la negazione della qualifica di lusso in relazione atti stipulati fino al 13 dicembre 2014 (data di entrata in vigore del Dlgs 175/2014). I vantaggi, per i contribuenti persone fisiche che comprano una “prima casa”, sono i seguenti: in caso di atti di trasferimento soggetti a imposta di registro, si applica l’aliquota del 2% (con il minimo di 1.000 euro), anziché quella del 9%, e le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna; in caso di atti soggetti a Iva, si applica l’aliquota del 4% (anziché quella del 10% o del 22% a seconda dei casi) e l’imposta di registro fissa di 200 euro, oltre le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna. Il punto che qui interessa è che, oltre agli altri requisiti fissati dalla normativa per accedere alla “prima casa”, ne serve anche uno che è stato modificato di recente e in modo non contemporaneo per gli atti soggetti a registro e a Iva. Infatti, con la “vecchia” disciplina occorreva che l’abitazione non fosse qualificabile come di lusso in base ai criteri dettati dal Dm Lavori pubblici 2 agosto 1969; in base a quella “nuova”, invece, la casa non deve essere ricadere nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. In particolare: per gli atti soggetti a registro, la nozione catastale ha sostituito la “lussuosità” così come definita dal Dm 2 agosto 1969 a partire dal 1° gennaio 2014 (dall’entrata in vigore dell’articolo 10, comma 1, lettera a) del Dlgs 23/2011); per gli atti soggetti a Iva, invece, il cambio è scattato solo a partire dal 13 dicembre 2014 (dall’entrata in vigore del Dlgs 175/2014).  Il Dm Lavori pubblici del 2 agosto 1969 classifica, tra l’altro, all’articolo 6 come “di lusso” «le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)». Proprio con riferimento agli atti stipulati fino al 12 dicembre 2014 e relativi ad acquisti di abitazioni “prima casa” direttamente dai costruttori, gli uffici si soffermano spesso a controllare a tavolino innanzitutto la superficie degli immobili acquistati, ad esempio partendo dalla superficie che risulta in catasto. Se da questo controllo emerge che la superficie dell’immobile acquistato prima del 13 dicembre 2014 è superiore a 240 metri quadrati, il Fisco provvede all’immediata revoca dell’agevolazione “prima casa” per assenza dei requisiti necessari alla sua classificazione come “immobile non di lusso” e alla contestuale notifica di un atto in cui viene, conseguentemente, riliquidata la maggiore Iva calcolata secondo l’aliquota ordinaria del 22%, con l’irrogazione della sanzione pari al 30% della maggiore imposta. Generalmente, in questi casi non è ammesso l’accertamento con adesione. Ne consegue che, entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto, il contribuente è chiamato a difendersi, provando – anche magari in autotutela e/o in sede contenziosa – a spiegare le proprie ragioni e gli errori di calcolo della superficie in cui sarebbe incorso l’ufficio (ove possibile, naturalmente). In particolare, occorrerà dimostrare che la superficie utile dell’unità immobiliare acquistata è inferiore a 240 metri quadrati, così come calcolata da un perito che si attenga scrupolosamente ai criteri del Dm del 1969 (vigente all’epoca dell’atto di compravendita) e dal consolidato orientamento giurisprudenziale. In subordine, potrebbe essere utile censurare l’applicazione della sanzione perché irrogata in violazione del principio del favor rei, sancito dall’articolo 3, comma 3 del Dlgs 472/97. Pur riconoscendo che la nuova disciplina introdotta dal Dlgs 23/2011 ai fini dell’imposta di registro e dal Dlgs 175/2014 ai fini Iva, non ha applicazione retroattiva, la Cassazione ha stabilito che la stessa comporta l’applicazione del principio del favor rei in relazione alle sanzioni, dato che non può configurarsi il falso in relazione a una dichiarazione che attualmente l’ordinamento non considera più rilevante ai fini dell’applicazione del beneficio (tra le altre, Cassazione, sentenze 11621/2017 e 3357/2017).

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia